Anche il Ministro della Cultura Dario Franceschini si unisce al grido d’allarme lanciato dal Premio Ausonia e dai tantissimi operatori dello spettacolo circa lo stato disastroso del settore. In un momento dove vediamo proteste violente dei ristoratori – condivisibili parzialmente nelle richieste ma assolutamente da condannare nei modi – nessuno si ricorda che quello dello spettacolo è un settore terribilmente colpito e con un indotto molto grande. Si tratta di cinema, teatro, spettacoli dal vivo, tutti gli eserciti, tecnici, maestranze e molti altri con le loro famiglie. Il Premio Ausonia sta conducendo una campagna di sensibilizzazione ben sapendo comunque che stiamo vivendo a contatto ancora con la pandemia.
Franceschini ha parlato di raddoppiare le presenze massime consentite per gli spettacoli sia all’aperto sia al chiuso e soprattutto di coinvolgere le Regioni per trovare il modo di sperimentare eventi aperti anche a qualche migliaio di persone, sul modello del concerto di qualche giorno fa a Barcellona, da accompagnare con misure di sicurezza in più il cui costo non ricada però né sul pubblico, già difficile da convincere a partecipare, né sugli esercenti, già troppo provati dalla crisi economica. Ma comunque spingere per quanto si può sulle riaperture, dopo il 30 aprile, perché il settore è allo stremo, non ce la fa più e per la sua importanza anche per l’economia del Paese, “deve essere considerato “essenziale al pari della scuola”.
Lo Spettacolo e la Cultura sono settori vitali per questo paese, sono quelli che compongono elementi essenziali del nostro brand per il quale siamo conosciuti nel mondo.
Si è parlato di tampone all’entrata di teatri e cinema scatenando molte proteste. Il ministro sparge acqua sul fuoco e smentisce questa eventualità. Per questo tipo di spettacoli, le precauzioni rimarranno quelle alle quali ci siamo tutti già abituati, dall’obbligo della mascherina al divieto di mangiare in sala, il divieto di assembramento, le distanze. Puntando ad aumentare la capienza fissata dagli attuali protocolli, che prevedono di poter riempire le sale al 25 per cento con un massimo di 200 persone al chiuso e 400 all’aperto. Anzi chiedendo di raddoppiarla. Le precauzioni ulteriori, l’ipotesi di richiedere un tampone, come hanno fatto in questi giorni i parchi olandesi o com’era stato per il concerto ‘apripista’ di Barcellona, entrerebbero in campo invece – questa l’idea del ministro – per eventi particolari, situazioni speciali la cui organizzazione verrebbe lasciata alla valutazione delle Regioni, concerti o manifestazioni da tenersi rigorosamente all’aperto ma aperti anche a qualche migliaia di spettatori. E il costo di queste garanzie aggiuntive, dai tamponi alle mascherine distribuite in loco, potrebbe essere sostenuto dallo Stato o dalle regioni o magari da uno sponsor, in modo da non pesare né sugli spettatori, né sugli organizzatori. Anche se l’ultima decisione spetta ai tecnici e al governo.
Dall’Agis alle circa 80 realtà promotrici del protocollo #Ricominciamo, le associazioni, che da mesi lavorano anche in collaborazione con il ministero per immaginare un futuro per lo spettacolo, restano col fiato sospeso. In queste settimane c’è stata da parte di tutti un’attività febbrile per mettere a punto protocolli, immaginare organizzazioni sostenibili. Autori, esercenti, artisti, produttori vorrebbero in realtà di più, chiedono che la capienza fissata non sia uguale per tutti, ma legata alla grandezza delle sale o dei luoghi all’aperto, che sia consentito vendere da bere e da mangiare, che si considerino la complessità e la varietà di questo settore. E che lo Stato tenga conto anche di quanto costano gli investimenti per la sicurezza e di chi non se li potrà permettere.
Si sta cercando di riorganizzare in sicurezza anche i calendari di tutte le manifestazioni di arte, spettacolo e cultura nel nostro paese, dalla Biennale di Venezia a Spoleto, festival che sono da sempre punto di attrazione per il turismo. Lo spettacolo non solo deve #ricominciare, ma merita l’attenzione che troppo spesso la stampa tradizionale non gli sta concedendo.
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